Nuove frontiere delle Bioterapie applicate alle patologie del secolo

Con la terminologia Bioterapie si definiscono trattamenti curativi basati sull’utilizzo di agenti biologici di origine virale, batterica o cellulare ingegnerizzati al fine di contrastare o curare alcune patologie. Nuove applicazioni di questa branca scientifica, che rappresenta l’evoluzione stessa della medicina classica, sono oggetto di molteplici studi clinici nell’ambito di malattie gravi che necessitano di più scelte terapeutiche per poter essere trattate. La chiave del successo sicuramente è nella capacità di agire sui meccanismi infiammatori che contraddistinguono varie patologie attraverso un “interferenza” specifica.

Ma cosa possiamo aspettarci da questi approcci? Cosa ci dice la ricerca mondiale attuale sui risultati di tali terapie? Qui andremo a vedere alcune applicazioni interessanti divise per patologia.

BIOTERAPIE ONCOLOGICHE

Le bioterapie oncologiche consistono in trattamenti mirati che utilizzano anticorpi del sistema immunitario per distruggere le cellule tumorali. I medicinali utilizzati come indicato dal sito specializzato Topdoctors vengono chiamati “farmaci intelligenti”. Questa definizione è stata attribuita per racchiudere in modo intuitivo la loro capacità di attaccare solamente le cellule malate. Si dividono in:

– Fattori di crescita

– Anticorpi monoclonali

– Vaccini

– Interluchine e interferone

Come è ormai noto anche alla comunità non scientifica vi è un attenzione molto alta per questa area patologica, e trovare nuovi approcci che riescano a limitare o eliminare gli effetti collaterali di Chemioterapie e Radioterapie è divenuto negli ultimi decenni fondamentale.

Proprio per rispondere a questa necessità gli specialisti devono valutare il tipo di terapia più adatta ad ogni paziente in base al tipo, allo stadio e alle caratteristiche del tumore, nonché ad eventuali comorbilità e terapie in corso. Una volta stabilito il tipo di trattamento, al paziente verranno somministrati i farmaci intelligenti.

Grazie a questo approccio ad oggi si è potuto agire per ostacolare la crescita e l’evoluzione di diverse neoplasie. Al momento le bioterapie sono state usate per le leucemie, i tumori del sangue, del seno e della prostata, nonché per i seguenti tumori in fase avanzata:

– Tumore del colon

– Tumore al polmone

– Melanoma

– Tumore al rene

– Tumore allo stomaco

Il grandissimo vantaggio di queste terapie è che non necessitano di alcun tipo di preparazione, né di particolari accorgimenti da parte del paziente prima della sua esecuzione. Dopo essersi sottoposti alla terapia biologica non è necessario seguire norme particolari. Gli effetti collaterali risultano poi essere molto più sostenibili rispetto alle terapie classiche invasive e molto debilitanti. Ad oggi infatti sono state notati in alcuni pazienti effetti come infiammazione, irritazione ed eruzione cutanea nel punto in cui è stata effettuata l’iniezione. In alcuni casi sono stati registrati influenza, vertigini, nausea, affaticamento e mal di testa.

BIOTERAPIE PER IL TRATTAMENTO DELLA DERMATITE ATOPICA

L’eczema o dermatite atopica è una malattia infiammatoria causata da un’eccessiva reattività della pelle. Questa infiammazione è il risultato di reazioni a catena che fanno intervenire diverse molecole, tra le altre le interleuchine, il cui ruolo è fondamentale nell’induzione e nel mantenimento dell’infiammazione.

L’approccio per molti anni anche in casi moderati-gravi è stato l’utilizzo di trattamenti locali come i cortisonici topici (crema al cortisone), gli inibitori della calcineurina (tacrolimus) e altri trattamenti sistemici, quali la ciclosporina o il metotrexato. Purtroppo i risultati in situazioni medie e gravi non sono stati quelli sperati e la qualità di vita dei pazienti è stata seriamente compromessa.

Dopo anni di ricerca si è capito che la chiave fosse quella di intervenire proprio sul meccanismo che porta all’infiammazione bloccando una o più molecole presenti che intervengono nella catena di reazioni.

Proprio sulla base delle evidenze scientifiche una nota multinazionale francese ha sviluppato un trattamento che attraverso delle iniezioni di anticorpi specifici (detti monoclonali) impedisce al corpo di produrre troppe interleuchine pro-infiammatorie.

Gli anticorpi monoclonali quindi, come altri nuovi trattamenti per la dermatite atopica, rappresentano sicuramente una speranza per i pazienti che hanno visto il fallimento di altre terapie e che sono in uno stato di sofferenza. Gli studi clinici realizzati dalla farmaceutica si sono dimostrati risolutivi in termini di efficacia. Anche se purtroppo da questa patologia non si guarisce è importante come sempre tenere a mente che questi trattamenti alleviano i sintomi agendo sul miglioramento della qualità della vita.

BIOTERAPIE PER IL TRATTAMENTO DELLA SCLEROSI MULTIPLA E MALATTIE CORRELATE

La sclerosi multipla (SM) e una malattia infiammatoria, disimmunitaria, del sistema nervoso centrale. Gli approcci terapeutici ad oggi consistono in una lista molto ampia di farmaci. Essendo una delle malattie del secolo la ricerca di tal senso è molto florida e la lista di approcci terapeutici tenderà ad allungarsi notevolmente nei prossimi anni. Per ora, queste molecole sono soprattutto bioterapie con una funzionalità immunosoppressiva e responsabili di effetti collaterali purtroppo gravi per il paziente. Ogni approccio terapeutico deve avere un rapporto benefici/rischi che ne giustifichi l’utilizzo senza ledere troppo la qualità delle vita e purtroppo in questi approcci ancora non si è trovato il giusto equilibrio. Sicuramente è importante sottolineare l’importanza della capacità responsiva dei pazienti alle terapie standard, che purtroppo in alcuni casi manca.

Qui nasce l’esigenza di avere bioterapie da utilizzare per la SM e le patologie correlate; ad oggi sono principalmente anticorpi monoclonari ancora in studio o in una fase sperimentale osservazionale, che vengono utilizzati come terapia di seconda linea. Un esempio su cui molti gruppi di ricerca si sono concentrati è il Natalizumab approvato per il trattamento di pazienti con sclerosi multipla recidivante-remittente (RRMS) attiva. In questo caso come anticipato però bisogna considerare i rischi che sono il raro ma grave

evento avverso della leucoencefalopatia multifocale progressiva. Ad oggi la ricerca si sta concentrando su studi in follow-up per discriminare sulla popolazione sempre di più chi sia adatto o meno al trattamento, al fine di scongiurare l’insorgenza di questi gravi effetti collaterali.

Grazie alla ricerca e conseguente scoperta dei meccanismi immunitari della SM è stato possibile possibile sviluppare altre bioterapie per patologie correlate come ad esempio:

– L’alemtuzumab è un anticorpo umanizzato monoclonale anti-CD52 che inibisce principalmente i linfociti T, ma anche i linfociti B e, in misura minore, i monociti, i macrofagi e gli eosinofili, viene utilizzato nel trapianto di rene e nella leucemia linfatica

cronica.

– L’eculizumab è un’immunoglobulina che è usata nel trattamento dell’emoglubinuria parossistica notturna e nella sindrome emolitica e uremica. Inoltre è in atto su questo approccio una ricerca argomentata dai ricercatori M. Lepetit MD,. Laplaud MD , che a preso in esame una piccola coorte di pazienti refrattari ai trattamenti standard ma altamente responsivi verso l’eculizumab.

BIOTERAPIE PER IL TRATTAMENTO DEL MORBO DI CROHN

Il morbo di Crohn fa parte delle malattie definite autoimmuni, causate da un mal funzionamento del sistema immunitario che inizia ad attaccare i tessuti sani del corpo. La particolarità di questa patologia è che alterna fasi di attivazione ad altre di remissione che purtroppo non dipendono dalla dieta, ed ha vari gradi di gravità. Il morbo di Crohn quindi crea un infiammazione cronica con severi danni ai tessuti dell’intestino nel caso di aggravi.

La terapia biologica anche in questo caso si è dimostrata essere una soluzione terapeutica importante proprio nel trattamento dei casi più problematici e non responsivi alle terapie standard. Attualmente i farmaci biologici in uso sono:

– infliximab, anticorpo monoclonale chimerico, che agisce in modo selettivo contro un fattore pro-infiammatorio che prende il nome tumor-necrosis factor alpha (TNFα), il quale ha un ruolo chiave nel promuovere la cascata infiammatoria del morbo di Crohn.

Di fatto va ad agire a monte della cascata infiammatoria che provocherà i danni sopra descritti.

– adalimumab, anticorpo monoclonale interamente umano che, come il precedente, è diretto a bloccare l’azione proinfiammatoria della citochina TNFα;

– vedolizumab, anticorpo monoclonale umano di recente scoperta, che riesce ad impedire ai linfociti T (specifici globuli bianchi) di aderire alle pareti intestinali e contribuire alla risposta auto-immune. Questo approccio dalle evidenze scientifiche sembrerebbe essere estremamente efficace nel portare la malattia a remissione anche nei casi in cui i farmaci biologici precedente anti citochina TNFα abbiano fallito.

– ustekinumab, l’ultimo farmaco biologico in ordine di approvazione. Agisce legandosi a molecole infiammatorie mediatrici per il sistema immunitario. Ottime performance anche per questo nuovo farmaco biologico, molto efficace nel caso di pazienti non responsivi agli approcci con infliximab e adelimumab.

Bisogna però sottolineare ulteriormente che la terapia biologica rappresenta l’ultima linea di trattamento del morbo di Crohn e viene proposta solamente in determinate casistiche:

– Quando la malattia di Crohn si presenta in forma moderata-grave;

– Quando il paziente non risponde in modo soddisfacente alle terapie convenzionali antinfiammatorie a base di corticosteroidi o farmaci immunosoppressivi;

– Quando esiste un’intolleranza alle terapie antinfiammatorie convenzionali;

– Quando il quadro clinico appare incompatibile con le terapie convenzionali.

– In eccezione quando la malattia progredisca in maniera aggressiva con esordio in età giovanile o pediatrica,

– In eccezione in caso di patologia estesa o localizzata in zona perianale, con formazione di ulcere o fistole.

Inoltre la particolarità di queste bioterapie è che possono essere utilizzate in gravidanza, anzi sono necessarie per mantenere lo stato di remissione della malattia, preservando la vita del bambino. Tuttavia, ad oggi non tutti i farmaci biologici in uso sono stati testati su donne in gravidanza con il morbo di Crohn.

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