Le responsabilità del datore di lavoro

Le recenti interpretazioni giurisprudenziali

Negli ultimi anni la giurisprudenza italiana ha rafforzato ulteriormente il ruolo del datore di lavoro quale fulcro della prevenzione aziendale. Le recenti pronunce della Corte di Cassazione, in particolare nel 2025, hanno chiarito con decisione alcuni aspetti che per lungo tempo erano rimasti in un’area di incertezza, soprattutto in relazione alla delega di funzioni, all’individuazione del datore di lavoro “di fatto” e alla responsabilità penale in caso di infortuni.

La normativa italiana sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro pone il datore di lavoro al vertice della piramide delle responsabilità. È lui il garante ultimo dell’integrità dei lavoratori, anche quando la gestione operativa viene demandata a figure come dirigenti e preposti. Questo principio è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza, che continua a sottolineare come non sia possibile per il datore di lavoro sottrarsi al proprio dovere di vigilanza generale.

Le sentenze più recenti hanno reso ancora più evidente che la responsabilità non si esaurisce con l’adempimento formale degli obblighi previsti dal decreto legislativo 81/2008, ma si estende a un controllo sostanziale, volto a verificare che le misure di sicurezza siano effettivamente adottate e rispettate.

Uno degli aspetti più discussi riguarda la possibilità di trasferire, attraverso la delega, alcune funzioni in materia di sicurezza. La Cassazione ha ribadito che la delega deve essere espressa, specifica e conferita a soggetti realmente competenti, con poteri e risorse adeguate. Tuttavia, anche in presenza di una delega valida, permane sul datore di lavoro un obbligo di vigilanza generale.

In altre parole, la delega non può mai trasformarsi in un esonero totale di responsabilità. Essa serve a distribuire compiti e a rendere più efficiente l’organizzazione, ma la responsabilità apicale resta comunque in capo al datore di lavoro, che dovrà dimostrare di avere esercitato un controllo almeno “alto” sulla corretta attuazione delle misure preventive.

Un’altra interpretazione significativa riguarda l’individuazione del cosiddetto datore di lavoro di fatto. Secondo la giurisprudenza, non conta solo la nomina formale, ma anche l’esercizio concreto di poteri decisionali e di spesa. Se un soggetto, pur non avendo la qualifica ufficiale, prende decisioni sull’organizzazione e sulla sicurezza, può essere considerato responsabile al pari del datore di lavoro formalmente nominato.

Questo principio ha un impatto diretto soprattutto nelle realtà di gruppo, nelle aziende familiari o nei contesti in cui la gestione operativa è fortemente accentrata su figure non formalmente investite.

Le pronunce più recenti hanno inoltre sottolineato come il datore di lavoro sia penalmente responsabile non solo per le omissioni evidenti – come la mancata redazione del Documento di Valutazione dei Rischi – ma anche per quelle più sottili, legate all’inefficacia delle misure adottate. In caso di infortunio, il giudice non valuta soltanto la presenza di un documento o di una procedura, ma la loro reale capacità di prevenire il rischio.

Questo approccio spinge le imprese a non limitarsi a una logica “difensiva” fatta di carte e procedure, ma a costruire sistemi di prevenzione realmente efficaci, in grado di resistere al vaglio non solo formale, ma sostanziale.

Alla luce di queste interpretazioni, il datore di lavoro è chiamato a un cambio di prospettiva: la sicurezza non può più essere considerata un ambito delegabile o ridotto a mera burocrazia, ma un elemento centrale della governance aziendale.

Questo significa:

  • assicurarsi che il Documento di Valutazione dei Rischi sia aggiornato e realmente aderente all’attività;
  • verificare periodicamente l’efficacia delle misure e degli strumenti adottati;
  • monitorare il comportamento dei dirigenti e dei preposti, affinché la catena della sicurezza sia solida;
  • promuovere una cultura diffusa della prevenzione, che coinvolga tutti i lavoratori.

Le recenti interpretazioni giurisprudenziali ribadiscono un concetto chiaro: la responsabilità del datore di lavoro è indelegabile e sostanziale. Non bastano firme o procedure standardizzate. Serve un impegno autentico, fatto di vigilanza, aggiornamento e controllo. In questa prospettiva, la sicurezza non è soltanto un obbligo normativo, ma un terreno su cui si misura la qualità stessa della leadership aziendale.

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