Non si tratta più solo di produrre farmaci: oggi il settore farmaceutico è al centro di un ecosistema che tocca innovazione, sostenibilità, accesso alle cure, strategia industriale e politiche pubbliche. E mentre il mondo si confronta con nuove sfide sanitarie e tecnologiche, le aziende del pharma e le istituzioni si ritrovano sempre più spesso sedute allo stesso tavolo, consapevoli che il futuro del comparto si giocherà sulla capacità di collaborare, anticipare e trasformare.
Negli ultimi mesi si sono intensificati gli incontri tra rappresentanti dell’industria farmaceutica e decisori pubblici: tavoli tecnici, forum, consultazioni aperte, dialoghi con le agenzie regolatorie. Non è solo una questione di lobbying, ma di visione strategica. Perché oggi, tra rincari energetici, frammentazione normativa, digitalizzazione e nuove esigenze terapeutiche, nessun attore può pensare di operare in autonomia. L’Europa, e in particolare l’Italia, sta cercando di delineare una nuova “politica industriale del farmaco”, e questo significa mettere a sistema le competenze di chi produce, distribuisce, innova e regola.


Al centro del dibattito, ci sono temi concreti. Primo fra tutti: l’accesso equo e sostenibile alle terapie avanzate. I farmaci innovativi, come quelli a base di RNA, terapie geniche e biologici di ultima generazione, stanno rivoluzionando il trattamento di malattie rare, oncologiche e croniche. Ma il loro costo elevato e la rapidità con cui arrivano sul mercato pongono interrogativi sulla sostenibilità per i sistemi sanitari pubblici. Aziende e istituzioni stanno discutendo nuovi modelli di rimborso, sistemi di valutazione del valore terapeutico e partnership pubblico-private per la ricerca. Il caso emblematico è quello di Novartis e della terapia genica Zolgensma: un singolo trattamento da oltre 2 milioni di euro, che ha imposto un cambio di paradigma anche nel modo in cui si negoziano i prezzi con le autorità sanitarie.
C’è poi il tema della produzione strategica in Europa. La pandemia ha mostrato quanto la dipendenza da fornitori extra-UE, in particolare asiatici, renda vulnerabile la catena di approvvigionamento. Per questo si parla sempre più spesso di reshoring, di incentivi alla produzione di principi attivi sul suolo europeo, e di una vera e propria “autonomia sanitaria strategica”. L’Italia gioca un ruolo chiave in questo scenario: è il primo paese in Europa per produzione farmaceutica, con poli industriali d’eccellenza in Lombardia, Lazio e Toscana, e con aziende che esportano oltre l’80% di quanto producono. Ma per mantenere questa leadership servono politiche industriali chiare, snellimento burocratico e investimenti mirati in logistica, ricerca e digitalizzazione degli impianti.
Non meno importante è il fronte dell’innovazione digitale. L’adozione dell’intelligenza artificiale nella scoperta di nuovi farmaci, la gestione dei dati clinici tramite blockchain, la medicina personalizzata basata su big data: tutto questo sta trasformando il settore a una velocità inedita. Le aziende stanno investendo in startup biotech, incubatori di ricerca, modelli predittivi e digital twin per i trial clinici. Ma la regolazione fatica a stare al passo. Le istituzioni devono definire nuove linee guida etiche, normative e operative per garantire che l’innovazione resti sicura, efficace e accessibile. E anche su questo, il confronto tra le due sponde – pubblica e privata – è in pieno svolgimento.
Il confronto non è solo tecnico, ma anche culturale. Oggi si chiede alle imprese farmaceutiche di essere attori responsabili nel tessuto sociale, di dialogare con i cittadini, con le associazioni dei pazienti, con le comunità scientifiche e con il mondo dell’educazione. La trasparenza dei dati clinici, la comunicazione responsabile, l’attenzione all’impatto ambientale della produzione farmaceutica: tutti questi aspetti contribuiscono a definire una nuova immagine del settore, più aperta e partecipativa. Anche le istituzioni, da parte loro, sono chiamate a riconoscere il valore strategico del comparto non solo in termini sanitari, ma economici, occupazionali e industriali.
In questo scenario complesso ma ricco di opportunità, emerge una certezza: il futuro del settore farmaceutico non sarà determinato da una sola voce. Sarà il risultato di un equilibrio dinamico, di un confronto continuo tra innovazione e sostenibilità, tra investimento privato e interesse pubblico, tra libertà di ricerca e regole condivise. La capacità di costruire alleanze credibili tra aziende e istituzioni sarà la vera leva di sviluppo. Perché, come ha recentemente dichiarato un dirigente di EMA durante un convegno europeo, “il farmaco del futuro non sarà solo una molecola, ma un ecosistema”.
