Il futuro del Commercio Italiano ed Europeo nell’era dei Dazi di Trump

Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca nel gennaio 2025, il mondo del commercio internazionale si trova nuovamente sull’orlo di una rivoluzione. La politica economica del tycoon ha ripreso a battere la strada del protezionismo, e i dazi sono tornati a essere strumenti centrali della strategia americana. In un contesto già appesantito da conflitti geopolitici, tensioni industriali e catene di fornitura sotto pressione, le nuove tariffe annunciate dagli Stati Uniti promettono di avere effetti profondi su tutto il sistema commerciale globale, in particolare per l’Europa e per il Made in Italy.

I dazi sono imposte indirette che colpiscono beni o servizi nel momento in cui attraversano un confine, tipicamente durante un’operazione di importazione. Possono essere utilizzati per generare entrate statali, ma nella maggior parte dei casi servono a proteggere le industrie interne rendendo meno competitivi i prodotti stranieri.
Quando Donald Trump parla di dazi, non si riferisce semplicemente a strumenti fiscali: per lui sono leve di politica internazionale, mezzi per ottenere concessioni, ridisegnare alleanze e portare avanti un’agenda dichiaratamente “America First”.

L’Italia, con oltre 70 miliardi di euro di esportazioni verso gli Stati Uniti, è uno dei partner commerciali europei più esposti alle misure protezionistiche americane. Si teme, quindi, che l’impatto sul Made in Italy possa essere molto pesante, poiché i dazi ridurrebbero la capacità delle aziende italiane di fare affari negli USA.

I settori potenzialmente più colpiti? In cima alla lista troviamo agroalimentare, vino, liquori, moda, lusso, arredamento e automotive, comparti che rappresentano l’eccellenza italiana nel mondo.
Europa e dazi: perché l’Italia non può trattare da sola.

Nonostante i buoni rapporti personali tra la premier italiana Giorgia Meloni e il presidente americano Donald Trump, l’Italia non ha margini di manovra diretta: i dazi sono materia comunitaria, e ogni trattativa avviene tra Stati Uniti e Unione Europea. È quindi Bruxelles a dover trovare una posizione comune, bilanciando gli interessi dei 27 Paesi membri, ciascuno con proprie sensibilità industriali.
Di fronte a uno scenario così turbolento, l’Europa deve reagire. Alcune contromisure sono già in campo: l’aumento dei dazi sulle auto elettriche cinesi nel 2024 ne è un esempio. Ma la sfida principale è rafforzare l’autonomia strategica del continente.
L’obiettivo? Salvaguardare il Made in Italy e il Made in Europe non solo come etichette di prestigio, ma come colonne portanti dell’identità economica e culturale europea.
Paradossalmente, c’è anche la possibilità che la linea dura di Trump potrebbe rafforzare la coesione europea. Come spiega Michel Saugné, chief investment officer di La Financière de l’Échiquier: “Trump può diventare un catalizzatore positivo per l’unità europea”. Di fronte alla minaccia esterna, i Paesi UE sono chiamati a fare fronte comune, rivedendo politiche industriali e commerciali fino a oggi troppo frammentate.

Dal protezionismo alla resilienza, come reagire?
Il ritorno del protezionismo, se affrontato con lucidità, può rivelarsi anche un’occasione. L’era dei dazi di Trump segna la fine di una globalizzazione ingenua, ma non la fine del commercio globale. Per l’Italia e l’Europa, si apre una nuova fase: più selettiva, più strategica, forse più complessa — ma anche più consapevole.
Il futuro del commercio italiano ed europeo non sarà facile, ma può essere ancora forte e competitivo, a patto di trasformare l’incertezza in occasione. E di non smettere mai di credere in ciò che meglio ci rappresenta nel mondo: qualità, cultura, innovazione e saper fare.

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