NEGLI APPALTI E NELLE RETI DI IMPRESA
In una grande azienda manifatturiera del Nord Italia, un lavoratore in distacco da una società collegata rimane coinvolto in un infortunio durante un intervento di manutenzione. Al momento delle indagini emerge che la catena delle responsabilità non era chiara: il lavoratore dipendeva formalmente dal datore di lavoro originario, ma operava sotto la direzione quotidiana della società ospitante. Chi era, allora, il vero garante della sua sicurezza? È in scenari come questi che il tema del distacco irregolare e della condivisione degli obblighi di prevenzione diventa centrale.
Il distacco, nella sua definizione normativa, è la situazione in cui un datore di lavoro mette temporaneamente a disposizione di un altro soggetto uno o più lavoratori, mantenendo con essi il rapporto di lavoro ma trasferendo l’esercizio dei poteri direttivi. In linea teorica, la regola è chiara: il datore distaccante conserva le responsabilità giuridiche e assicurative, mentre il distaccatario assume quelle organizzative e operative. Nella pratica, tuttavia, la distinzione è molto meno nitida, soprattutto quando il distacco non risponde ai requisiti di legge e diventa irregolare.
La giurisprudenza ha più volte sottolineato che, in caso di distacco non genuino, la responsabilità in materia di salute e sicurezza si estende a entrambi i soggetti. Ciò significa che tanto il datore di lavoro originario quanto l’impresa ospitante possono essere chiamati a rispondere delle violazioni. Un principio analogo si riscontra nel mondo degli appalti: l’appaltatore resta responsabile dei propri lavoratori, ma il committente deve comunque vigilare affinché siano rispettate le misure di prevenzione e sicurezza, soprattutto quando le attività si svolgono nei suoi ambienti produttivi.
Questo intreccio di obblighi diventa ancora più complesso nelle reti di impresa, dove più aziende collaborano in modo strutturato condividendo personale, spazi e processi. In tali contesti, la sicurezza non può essere confinata entro i limiti di una singola organizzazione: deve trasformarsi in un sistema integrato, basato sulla cooperazione e sulla corresponsabilità. Non a caso, i giudici hanno spesso riconosciuto che la mancata coordinazione tra più soggetti costituisce un elemento di colpa grave, soprattutto quando porta a incidenti prevedibili e prevenibili.

Sul piano organizzativo, questo scenario impone ai dirigenti un cambio di prospettiva. Non basta più assicurarsi che la propria azienda sia formalmente in regola; è necessario instaurare procedure di cooperazione e coordinamento con le altre realtà coinvolte. La redazione di documenti unici di valutazione dei rischi interferenziali, i sopralluoghi congiunti, la condivisione delle informazioni sui pericoli specifici non sono adempimenti burocratici, ma strumenti indispensabili per evitare che il lavoratore distaccato o l’appaltato si trovi in una sorta di “terra di nessuno” quanto a tutela della sicurezza.
In questo contesto, la prevenzione diventa un terreno condiviso. L’idea di una responsabilità nettamente separata non regge più di fronte alla complessità delle organizzazioni moderne. Le reti di impresa, gli appalti e i distacchi mettono in evidenza che la sicurezza è un dovere che si intreccia, si sovrappone e si completa. I dirigenti, insieme ai datori di lavoro, devono assumere un ruolo proattivo, capace di anticipare i rischi e di costruire sistemi di cooperazione reali e verificabili.
Il distacco irregolare, come dimostrano i casi più recenti, non è soltanto un problema giuridico, ma anche un rischio organizzativo che mina la credibilità delle imprese e la tutela dei lavoratori. Affrontarlo significa non solo evitare sanzioni o condanne, ma soprattutto promuovere un modello di impresa che vede nella sicurezza un valore collettivo, da condividere con partner e collaboratori. È in questa visione più ampia che si misura la maturità di un’organizzazione e la capacità dei dirigenti di trasformare la prevenzione da obbligo legale a cultura diffusa.
